Nanà rientra in una tipologia di donna che probabilmente è lontana dalla maggioranza a noi contemporanea o magari alletta e intriga i meandri più bui e reconditi della mente femminile, nelle sue fantasie più inconfessabili.
Tenendo sempre ben presente che l’autore è un uomo e potrebbe aver colorato il personaggio di tutta una serie di sfumature sulle donne di piacere, che si accompagnano agli uomini solo per spogliarli delle ricchezze, mi piace pensare che oltre questo ci possa essere altro: una donna differente, all’avanguardia rispetto al suo tempo, che sceglie consapevolmente di essere indipendente da un uomo, che non si sposa sebbene abbia ricevuto dozzine di proposte e che sceglie il piacere come leitmotiv della sua esistenza.
Tutte le decisioni che prende, anche di sottomissione alla figura maschile di passaggio nella sua sempre più sfarzosa alcova, sono sempre autonome e forse è consapevole delle possibili conseguenze che ne verranno.
Sono temi, quelli raccontati da Zola, riconducibili a tutte le epoche, dove il mestiere più antico del mondo può disarmare i generali e inghiottire come nelle sabbie mobili le ricchezze dei personaggi più influenti, accumulate in una vita di lavoro.
Nanà sceglie i suoi compagni di giochi privati e se ne stanca subito, non sembra affezionarsi a nessuno di essi, incapace di rassegnarsi a un’ordinarietà che non le appartiene.
È possibile che questo sia un sintomo di insicurezza, di paura di dover scendere da quell’Olimpo della grande società cui è ascesa grazie alle “imprese” che hanno fatto sempre scalpore e colpito in pieno la moralità degli altri.
Non si è mai nascosta dietro a un dito, Nanà; ha sempre ammesso, alla luce del sole, chi fosse veramente, mentre tanti, molto probabilmente, gli stessi e soprattutto le stesse, che storcevano il naso alla sua vista, non lo erano altrettanto.
Nanà è stata una madre che ha vissuto la sua maternità a sprazzi, riversando il suo amore su un bambino dalla costituzione fragile e molto predisposto alla malattia sia fisica che interiore, e ha amato in modi altrettanto materni ragazzi più giovani.
La parabola discendente della vita di questa cortigiana di fine Ottocento è così veloce come lo è stata la sua scalata alla vetta della società che conta, a braccetto dei potenti a cui dava il suo corpo in cambio di una libertà dal vincolo.
Nanà non è appartenuta a nessuno.
Nanà è appartenuta solo a se stessa, con tutti i suoi sbagli, con tutti i suoi difetti; ha vissuto la propria esistenza come aveva e progettato dall’inizio: una vita dionisiaca, di apparenze, di lusso, di sfarzo, di spreco, di sensualità.
Una scelta di vita.
La scelta di Nanà.