Ci sono tanti tipi di barriere, a cominciare dal nome di un quartiere che delimita la periferia dimenticata e affollata di una grande città; c’è l’impossibilità invalidante della malattia che limita lo spirito in un corpo che non risponde più agli stimoli vitali e c’è il muro tra genitori e figli, rinchiusi ognuno nel suo castello di illusioni circondato da un fossato di incomprensioni.
Ostacoli insormontabili innalzati da dubbi, paure e parole non dette si riversano in quel solco che, allargandosi, divide le culture, allontana le lingue e i credo personali.
Ma la barriera più resistente che possa essere costruita è quella dentro noi stessi che, abilmente, come esperti muratori, erigiamo, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, delusione dopo delusione, ferita dopo ferita. Servirà a separare noi stessi da quella metà di noi che resta in disparte, nella zona buia, in un cassettino della coscienza chiuso bene a chiave, perché è fonte di rimorsi, rimpianti e vergogne.
Barriera è una parola che condiziona le esistenze. Ci sono barriere che dividono e altre che difendono, esistono barriere che rassicurano e altre che decidono chi sta dentro e chi sta fuori, che cosa è simile e cosa, invece, è differente.
Io le barriere le ho viste, le ho sentite. Erano intorno a me; erano state erette a difesa, a protezione, a fin di bene, ma non dovrebbero aver ragione di essere, se non volute, solo se si pensa di “farlo per il tuo bene”.
Io sono per la libertà, assoluta e personale, anche di circondarsi di barriere; se è questa la propria volontà, la propria scelta e non un’interferenza di terzi, che ben venga, nulla da eccepire.
Rispetto per tutti, rispetto per le scelte altrui.
Ognuno ha il diritto di scegliere di essere chi vuole essere.
E vivere felice.
Sempre.