Nella mia vita ho avuto la fortuna di conoscere una signorina di una certa età, ancora molto arzilla e con una lucidità mentale sorprendente, che era stata come la Mrs Jacobs de “Le signore in nero”, un’addetta specializzata nelle modifiche di abiti da donna, presso il famoso negozio di Saks Fifth Avenue, sulla quinta strada a New York, negli anni Sessanta e Settanta.
La signorina in questione, che preferiva essere chiamata con questo appellativo e che anche con il passare degli anni era sempre rimasta tale agli occhi di tutti, aveva preso quel modo di fare tipico delle commesse che affollavano questi ambienti: sempre in ordine, con un velo di rossetto e due gocce di profumo che ne accompagnavano l’incedere sui tacchi tra le stanze come tra gli espositori, come le commesse che lavorano nei grandi magazzini Goode’s, dove si svolge gran parte del romanzo di St John.
In queste pagine ho ritrovato i racconti della signorina di cui ho ricordo: le pause pranzo trascorse a spettegolare e a raccontarsi piccoli grandi segreti, i periodi intensi di lavoro durante le feste natalizie e quelli altrettanto frenetici dei saldi, gli sconti per i dipendenti per gli acquisti nel negozio.
La signorina dei miei ricordi raccontava della sua preferenza per l’acquisto di borse francesi firmate a di profumi vaporizzati, goccia dopo goccia, da platinate attrici hollywoodiane, prima di andare a letto.
Un libro ben scritto da un’ autrice forse scomparsa troppo presto e che avrebbe potuto raccontare, con una leggerezza nel linguaggio e una soavità nella descrizione delle scene, di altri spaccati sociali, il che non equivale a dire che siano contesti che non abbiano nulla da raccontare; al contrario, portano in sé storie differenti, a volte anche non facili da sopportare, ma che devono essere lasciate fuori dalle grandi porte a vetri della vita lavorativa quotidiana.
Anche qui il gruppo di lavoro delle colleghe è variegato per età, provenienza, aspetto fisico, ambizioni e recriminazioni.
All’apparenza quest’eterogeneità non farebbe pensare a una coesione, invece il condividere, giorno dopo giorno, le pause pranzo o gli stacchi dal lavoro, avvicina queste donne e le rende compatte e altruiste, al limite dell’ inaspettato.
Un’amicizia sul luogo di lavoro che si sposta anche fuori e su cui si può contare nel momento del bisogno e che aiuta a crescere e a sbocciare le personalità più acerbe del gruppo, che acquistano sicurezza, autostima, scoprendo le proprie potenzialità e avviandosi sicure verso il loro posto nel mondo.