Come alcuni di voi sanno, trascorro buona parte della mia giornata industriandomi affinché i miei alunni adolescenti imparino a parlare, ascoltare, scrivere e leggere in inglese e in tedesco. E inoltre, da un certo punto della loro carriera scolastica in poi, affinché i liceali imparino ad analizzare testi, elaborare contenuti, collegare tematiche legate alle letterature dei paesi di lingua inglese e tedesca.
Biografie degli autori, trame, elementi di narratologia: tutto nelle loro teste si mescola e, se non si veglia a sufficienza, rischia di diventare un gomitolo informe che non ci mette niente a trasformarsi una granitica, per quanto multisfaccettata, convinzione: “Questa roba è noiosa, è difficile, sono tutti morti, non serve a niente, non ci capisco niente, non la studio”. Amen.
In tredici anni di insegnamento ho messo in atto varie strategie di sopravvivenza (mia e degli alunni) anche attraverso riassunti, visione di film, letture drammatizzate dei passi salienti dei testi cardine dei nostri percorsi didattici; a ogni alunno ho sempre chiesto se e quanto leggesse, e più vedevo diminuire l’interesse delle classi per la letteratura, più cercavo in ogni modo di incuriosire il mio giovane pubblico, se non per convertirli al piacere del libro, quantomeno per rendere meno pesante il dovere di avere a che fare con i mostri sacri che i programmi ministeriali piazzano sul nostro cammino.
In realtà, alcuni sprazzi di interesse ci sono sempre stati: “Leggere no, mi annoia, ma mi piacciono i film” oppure “Libri non ne ho, ma leggo fumetti”. Già un inizio. Di fumetti non ne capisco, ma sono creativa abbastanza da cercare di gettare ponti tra le varie arti.
Da quando però i servizi come Netflix e Amazon Prime sono diventati un terreno comune, devo ammettere che insegnare letteratura è diventato più facile:
- i ragazzi sono diventati più sensibili al concetto di trame e sottotrame, perché è l’istinto a guidarli nell’individuare qual è la storia che tiene in piedi un’intera serie e quali sono le storie autoconclusive che punteggiano i singoli episodi
- la lista dei personaggi, da quando è diventata quasi una faccenda da tifoserie, ha svelato a tutti le magie della caratterizzazione insieme alla differenza tra principali e secondari, piatti e a tuttotondo, e ogni anno ci sarà qualcuno che se io chiedo se sanno cosa sia l’arco di trasformazione del personaggio porterà come esempio Walter White di Breaking Bad
- i generi letterari non hanno più segreti, in tutte le loro sfumature più raffinate, e nella fiction la differenza tra i capitoli di un romanzo e i racconti di una raccolta può sempre essere chiarita con il paragone tra Tredici e Black Mirror
- la suspense, la tecnica del cliffhanger: nessuno ha più bisogno di spiegare niente in proposito, tutti conoscono quel senso di vuoto che ti prende alla bocca dello stomaco quando un episodio si chiude con un accenno di colpo di scena che ti fa premere “guarda episodio successivo” per risparmiare pochi secondi d’attesa tra un episodio e un altro
- i tempi dilatati dei release delle varie stagioni rendono più ricettivi ai consigli che possono allargare i loro orizzonti. Alla domanda “In attesa che esca la seconda stagione di… cos’altro potrei guardare?” può scattare il collegamento con un film d’autore o addirittura un timido suggerimento di lettura. Una mia alunna viveva con struggimento quella sensazione inimitabile con cui vorresti berti una serie in una sorsata sola e allo stesso tempo vorresti che non finisse mai: la serie era Hill House e quando le ho detto che era stata ispirata al romanzo di Shirley Jackson si è illuminata all’istante. A ricreazione ha chiamato la madre per chiederle di andarle a comprare il libro.
Dobbiamo abitare lo spazio che si apre grazie all’appagamento per una bella serie. Non è un mestiere per vecchi di spirito, per gli adulti convinti che la cultura pop sia una perdita di tempo, che confrontarsi con un ragazzo sulla serie del momento sia abdicare ai propri faticosi studi accademici, che guardare quello che guardano tutti sia deprecabile. È un percorso, invece, che può rivelarci molto di noi stessi, come lettori, come educatori, come fruitori di una cultura che no, non ha più la stessa forma di x anni fa, ma che può ancora appassionare i nostri ragazzi. Le vostre sudate lauree non si autodistruggeranno se ammetterete che anche una serie ben scritta può gettare un ponte comunicativo tra esseri umani.
E ora svelti, ché Netflix sta rilasciando la quarta stagione de La casa di Carta in questo istante. Non vorremmo mica rischiare lo spoiler dagli amici? 😉